Teorie e superstizioni legate alla peste
Spesso in epoche passate quando la medicina non sapeva dare risposte e spiegazioni a fenomeni di grande effetto come la peste, nascevano teorie e cure che erano a volte frutto di superstizioni o credenze popolari, e addirittura fino al XIX ° secolo vi erano teorie bizzarre che attribuivano la peste e altre malattie al variare della tensione elettrica nel corpo. E' curioso ripercorrere leggende e storie di paesi colpiti dalla malattia.
Principali portatori di peste
Nel 1348, i topi portarono la peste in Europa, viaggiando nelle stive delle navi salpate dai porti del Mar Nero: il batterio della peste infettava le pulci che vivono sul loro pelo. E’ difficile immaginare l’entità e l’orrore della cosiddetta Morte Nera. L’epidemia infuriò per tre anni e portò alla tomba 25 milioni di persone, circa un quarto della popolazione europea di allora. Nell’arco dei decenni successivi, quel numero raddoppiò e continuò a salire. Si può affermare che i topi cambiarono la storia dell’umanità. I topi continuano ad essere portatori di malattie. Allo stesso tempo sono cavie preziose per la ricerca medica e per la sperimentazione di nuovi farmaci. Docili in cattività, i topi si accontentano di poco spazio, si riproducono in fretta e mangiano di tutto. I medioevali credevano che a portare la peste, invece che i topi, fossero gli opali. L’idea che l’opale fosse una pietra maledetta si diffuse nel 1300. L’opale era tra le gemme preferite dei gioiellieri italiani, che la lavoravano spesso. A Venezia, dove l’epidemia scoppiò con particolare virulenza, fu osservato che queste pietre si illuminavano in modo inusitato quando chi le portava contraeva il morbo, ma sembravano scolorirsi al sopraggiungere della morte. Da quel momento gli opali furono associati all’idea di morte. A quei tempi ovviamente si ignorava che le mutevoli sfumature della pietra erano dovute a variazioni della temperatura corporea.
La peste di Eyam
Nel settembre del 1665, George Viccars, un sarto aprì un pacco di stoffa umida e la mise ad asciugare vicino al fuoco. Senza saperlo scatenò una nuova epidemia, il pacco proveniva infatti da Londra dove la peste bubbonica infieriva da mesi. Pidocchi e pulci erano compagni abituali ancora nel XVII sec. E lo sventurato sarto non fece caso ai morsi che ricevette. Fu colpito dalla peste, nel giro di una settimana era morto. La peste era scoppiata nel villaggio di Eyam. Le cure mediche a quei tempi erano approssimative, contrarre la peste significava morte certa; molti abitanti si prepararono ad abbandonare la città, ma i due pastori anglicani del paese decisero di impedire l’esodo. Parlando congiuntamente persuasero i concittadini a restare in paese. Eressero un muretto di pietre per impedire l’accesso di straniero. Le provviste di cibo e gli indumenti che giungevano dai vicini paesi erano deposti presso le pietre di confine. L’orrore si intensificò col passare dei mesi, ormai non si celebravano più i riti funebri e, esauriti i posti nel cimitero, i cittadini venivano seppelliti nei giardini. Le preghiere degli sfortunati abitanti furono esaudite nel 1666 quando non si registravano nuovi casi di peste. Erano sopravvissuti solo i due pastori e 88 persone delle 350. Il volontario isolamento della cittadina fu un atto di eroismo salvando molte altre vite dalla morte certa.
Il pifferaio di Hameln
Al fenomeno della peste è da collegarsi anche la leggenda del pifferaio di hameln. La leggenda infatti narra della venuta del pifferaio negli anni precedenti la pestilenza: versioni posteriori pero' tendono a datare il fatto nel periodo della pestilenza del 1345 in cui la figura del pifferaio era chiamata a liberare la città' dai topi che avevano portato il morbo. E' quindi probabile che la nota leggenda del pifferaio giunta a noi sia quella posteriore con la peste come sfondo.